Intervista al condannato a morte Michael Toney

In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, alla quale la Carlo Bortolani Onlus aderisce, diamo voce a chi nel braccio della morte ci vive quotidianamente. La lunga e toccante intervista a Michael Toney avvenuta in Texas nel carcere di Livingston il 24 ottobre 2005.
toney.jpgMichael, puoi descriverci Michael Toney, il giovane cow boy di rodeo, prima di entrare nel braccio della morte?

Sono originario di un bellissimo posto: provengo dalle montagne del nord California. Sono nato in un piccolo ranch dove la mia famiglia allevava diversi animali. Mi chiedi sul giovane cow boy da rodeo… Innanzitutto prima di essere un cow boy da rodeo ero un vero cow boy da lavoro. So che l’immagine del cow boy è spesso male interpretata dagli europei, perchè la televisione e i film dipingono il selvaggio west e lo scontro cow boy e indiani. Ma i veri cow boy sono molto diversi. Fare il cow boy è un lavoro duro e le attività nei ranch americani sono davvero pesanti. Molti ranch sono grandi migliaia di acri e hanno migliaia di capi di bestiame. I cow boy non sono mai stati nemici dei nativi americani e gli indiani non sono mai stati nemici dei cow boy come spesso i film raccontano. Il vero nemico dei nativi americani è stato l’esercito.

Ma tu mi chiedi del giovane cow boy da rodeo e cerco di non uscire dall’argomento. Ho conosciuto per la prima volta un rodeo alla tenera età di dieci anni quando partecipai ad una manifestazione in cui il premio era una macchina. Vinsi il rodeo e il premio divenne la mia prima macchina. Sì, ero proprietario di una macchina all’età di dieci anni, un’incredibile modello del 43 verde. Essere nell’arena e vivere l’emozione insieme al pubblico è qualcosa che non dimenticherò mai. Poi, non partecipai più a nessun rodeo fino all’età di 19 anni, quando diventai un “rodeo-man” part-time poiché avevo un lavoro a tempo pieno nell’edilizia, ma quasi tutti i week end partecipavo ai rodei perché guadagnavo molto e mi divertivo davvero. Oltre al denaro e al piacere i rodei erano una buona distrazione dalle pene della mia vita; la fatica fisica mi distraeva da quella psicologica.


Perché nel tuo passato hai commesso dei furti?


Non c’è una risposta valida a questa domanda. Non ci sono risposte che possono giustificare le mie azioni. Anche se alcuni dicono che la fame e la necessità sono cattive maestre della morale, non voglio trovare scuse. Ho fatto quel che ho fatto e accetto la totale responsabilità delle mie azioni. Sono diventato un ladro molto presto: dopo che i miei genitori divorziarono, io e mio fratello più piccolo eravamo spesso da soli e dovevamo prenderci cura di noi stessi. Ho cresciuto mio fratello Rick di cinque anni più giovane di me da quando aveva 8 anni. Ho iniziato a rubare cibo dai negozi, frutta e verdura negli orti e qualsiasi cosa che potesse essere cibo da mangiare.

Per quanto tempo?



Per diversi anni. Diventai un ladro di vestiti e dopo di qualsiasi cosa volessi o cercassi. Era l’unica strada in cui io e mio fratello potevamo sopravvivere. Continuai a rubare fino a quando trovai un lavoro a tempo pieno per mio padre in Texas quando avevo 15 anni. Smisi di rubare per qualche anno, dopo che lasciai il Texas per andare a lavorare in Alaska e alle Hawaii. Poi una volta tornato a casa ripresi a rubare. Dopo quel punto della mia vita mi convinsi che rubare fosse più facile di qualsiasi altra cosa. Per questo i rodei erano un buon modo per distrarmi dagli altri problemi. Questi sono i fatti, non giustificazioni. Era sbagliato e mi pento di aver rubato. Mi pento molto della mia vita. Ero veramente immaturo, ma credo di aver finalmente imparato dai miei errori. La miglior risposta alla tua domanda è “Ho iniziato a rubare da bambino per sopravvivere e non mi sono fermato da grande”.


Perché nel 1997 sei stato condannato a morte?


Nel ’97 fui indagato per un’esplosione del 1985 in una casa di Fort Worth -città nella quale vivevo- in cui tre persone persero la vita. L’investigazione su questo crimine fu la più lunga nella storia dell’ufficio preposto. Nel ’97 un detenuto disse all’autorità che io ero responsabile del crimine allo scopo di ottenere la libertà. Mentì alla polizia per guadagnare la libertà. Personalmente non ho mai sentito parlare di questo orribile crimine fino al giugno del ’97 quando un altro uomo me ne parlò.


Sei mai stato nel luogo dove avvenne il crimine?


Mai. In vita mia non sono mai stato nel posto dove avvenne l’esplosione e non so il modo in cui sono stato connesso al crimine o alle vittime. Non ho conoscenza di quanto accaduto. Sono convinto che non ci siano prove di tutto ciò. So che questa cosa sembrerà estremamente difficile da credere, ma è l’esatta verità. Quando il detenuto Charles Ferris disse all’autorità che ero responsabile del crimine iniziarono a investigare su di me come sospettato. La prima persona che intervistarono fu la mia ex moglie che si è risposata con uno sceriffo e che vive nel Wisconsin. Lei disse la verità immediatamente: non ho mai sentito nulla su questo e Michael non mi ha mai detto nulla. Successivamente la informarono dei 25 mila dollari di ricompensa. Quando suo marito ritornò a casa dal lavoro andarono in biblioteca, cercarono le notizie sul crimine e chiamarono gli investigatori per dare informazioni. In sintesi, lei mentì per ricevere la ricompensa, ma nega di averla ricevuta e nega di aver mentito quando ha testimoniato al mio processo.

Fu determinante la sua testimonianza?


Diciamo che la sua testimonianza fu realmente incriminante, lei testimoniò che ero nelle vicinanze del luogo del crimine quando avvenne, che avevo una valigetta 24 ore marrone, ma che non sentì l’esplosione o vide ambulanze. La bomba che uccise i tre membri della famiglia Blount era contenuta invece in una valigetta nera. La testimonianza della mia ex moglie è stata inventata, ma le autorità trovarono un mio vecchio amico che non vedevo dall’86 per confermare la falsa testimonianza.


Chi era?

Il suo nome è Chris Meeks e aveva anche lui problemi con la legge. Fu convinto da quattro persone che l’offesero e lo minacciarono di farlo tornare in prigione. Chris aveva dei gravi problemi con l’alcol: è stato cacciato dall’esercito per apatia e perché era diventato un alcolizzato. Quando testimoniò al mio processo non poteva rispondere ad alcuna domanda senza cercare le risposte in tre foglietti che erano di fronte a lui. Se non fosse stato un caso di vita o di morte la sua testimonianza sarebbe stata comica. In un punto durante la testimonianza di Kim, la mia ex moglie, il mio avvocato le chiese se Chris era una persona onesta, quando lei rispose di sì la giuria e il giudice risero. La risposta miglior alla tua domanda è: “Sono stato condannato a morte per un crimine che non ho mai commesso perché il Governo doveva chiudere il caso di un crimine che non era in grado di risolvere”. E’ stato facile per loro utilizzarmi anche a causa dei miei precedenti. Si tratta di un caso dove il Governo chiese alla giuria di credere a me o alla mia ex moglie. Ovviamente credettero a lei”. Un giornalista mi ha detto recentemente: “Michael, l’unica cosa che ti ha fatto essere colpevole è stata una valigetta”.

bracciomorte
Prima della tua condanna a morte che opinione avevi della pena capitale?


Anche se ho molto sofferto per alcuni amici che sono stati uccisi, sono sempre stato contrario alle pena capitale. Sono cattolico, non praticante, ma ho comunque una profonda spiritualità. So che Dio è l’unico che ha diritto di decidere chi può vivere e chi può morire. Sono contro la pena di morte per due motivi: primo, la mia fede religiosa, secondo, conosco in prima persona quanto può essere fallibile il nostro sistema di giustizia. Se io sono stato condannato a morte per un crimine di cui non si è saputo nulla se non 12 anni dopo di quando è accaduto senza una prova, credo che nessuna persona innocente possa essere condannata a morte. Per questa fallibilità credo che non si possa giustificare quella di togliere la vita come punizione… come giustizia.




Sei contrario alle pena di morte per tutti? Colpevoli e innocenti?

Sono contrario alla pena di morte per tutti, tranne che per me stesso e voglio essere giustiziato perché non voglio spendere la mia vita in prigione per un crimine che non ho commesso. So che Dio conosce la verità ed è l’unico vero giudice. Se io non posso vive questa vita se non come un inferno, preferisco venire spedito dal vero giudice.


Puoi descrivere la giornata in carcere di un condannato a morte?


Siamo chiusi in una cella di 6 passi per 10 per 23 ore al giorno. Abbiamo soltanto un’ora al giorno fuori dalla cella che passiamo nell’area speciale. Due giorni a settimana possiamo uscire e passiamo un’ora in un’area con delle mura molto alte dove si intravede una piccola parte di cielo. Inoltre usciamo dalla cella per un quarto d’ora per andare a fare la doccia o nell’area visite se abbiamo la fortuna di avere qualcuno che ci viene a trovare. Abbiamo la possibilità di ricevere una visita a settimana di due ore e due visite di quattro ore al mese se il visitatore compie un viaggio di oltre 300 miglia. Quando usciamo dalla nostra cella non possiamo portarci nulla con noi, ma possiamo ricevere libri, giornali e settimanali via posta. Possiamo inoltre acquistare una radio nel negozio della prigione.


Come sono i vostri pasti?


Le guardie portano la colazione alle 3 del mattino, il pranzo alle 9-10 del mattino e la cena alle 3-4 del pomeriggio. Tutti i cibi ci vengono passati da una finestrina nella porta della cella. Il cibo è terribile. Se sei fortunato e hai visite regolari, i visitatori possono comprare il cibo dalle macchinette automatiche e darcelo. Il cibo delle macchinette è migliore di quello che ci danno. Non ci danno mai frutta e verdura e spesso è talmente cattivo che non si capisce nemmeno cosa sia. Possiamo spendere 150 dollari al mese in cibo, lettere e cose necessarie, ma i soldi ci devono essere dati dalle famiglie o degli amici. Non possiamo nemmeno chiedere di avere una televisione perchè questa non è una prigione, ma il luogo dei condannati a morte. Fondamentalmente un giorno è identico al giorno prima e tutti i giorni sono come essere chiusi in una cripta finchè sei vivo.



Ricevi visite?


Ricevo visite periodiche, ma non spesso come vorrei. Alcuni uomini ricevono visite tutte le settimane, io invece passo anche uno o due mesi senza vedere nessuno. Il motivo per cui non ho molti visitatori è che coloro che vengono a trovarmi sono persone che prima di entrare qui non conoscevo. Questi nuovi amici abitano troppo lontano per venirmi a trovare regolarmente.


Dei tuoi cari viene qualcuno?

I primi tempi veniva una mia ex ragazza ogni due settimane. Poi, nel 2001 sua zia e il suo ragazzo furono uccisi. L’ultima volta che venne a trovarmi vide nella stanza visite vicina alla mia l’uomo che uccise sua zia: scappò fuori e non tornò mai più. Rispetto i suoi sentimenti. Attualmente viene a trovarmi qualche volta mio figlio Jeromy che ho saputo di avere solo in carcere perché a diciotto anni vide una mia foto su un giornale e, notando la somiglianza impressionante chiese spiegazioni a sua madre. Non ero in relazione con la mamma di Jeromy da vent’anni, ma siamo amici. La sorella di mio figlio, Jessica, mi chiama papà perché io la amo e la tratto come una figlia. Sono l’unico padre che ha. Sono gli unici visitatori regolari che incontro. Spero di ricevere più visite, ma capisco che è difficile per le persone trovare il tempo per viaggiare e per venire qui.


Reggio Emilia è gemellata con Fort Worth, la città dove hai vissuto. Cosa pensi che possa fare per sensibilizzare la popolazione texana sulla pena di morte?


Credo sia importante fare luce sulle vicende in cui persone innocenti sono spesso giustiziate. Magari selezionare qualche caso di Fort Worth e fare luce su questi. Se le persone sanno che il sistema è fallibile e che innocenti spesso sono condannati a morte e giustiziati, arriveranno alla conclusione che la pena capitale è sbagliata. I texani devono essere educati sull’innocenza della pena di morte.


Quali proposte concrete suggerisci a Reggio Emilia per aiutare concretamente te e altre persone condannate a morte?


E’ importante fare luce al più presto sugli innocenti perché è immorale condannarli. Più che manifestazioni di rito se si dimostra che il sistema giudiziario uccide sia il colpevole che l’innocente, allora il sistema perde di credibilità. Bisogna fare un passo alla volta per dimostrare che gli errori della giustizia sono comuni in Texas e che degli innocenti vengono condannati. Il mio caso è perfetto per provare ciò.


Cosa pensi dell’impegno degli abolizionisti?

Gli abolizionisti purtroppo non sono uniti. Le associazioni e i gruppi sono centinaia, ma, pur lavorando per lo stesso scopo non sono uniti e non riescono a dialogare con coloro che sono favorevoli alla pena di morte. Prima di far cambiare idea a qualcuno devi capire perché la pensa diversamente da te. Il movimento abolizionista fallirà fino a quando cercherà di convincere le persone che la pena di morte è moralmente sbagliata. Bisogna procedere passo dopo passo e il primo passo -non mi stancherò mai di dirlo- è fare luce sui condannati a morte innocenti. Una volta che i fautori della legge e dell’ordine sapranno che spesso persone innocenti vengono condannate a morte, saranno d’accordo sul fatto che la pena capitale è sbagliata.


Grazie Michael… ora ti chiedo una promessa: quando uscirai dal braccio della morte verrai al più presto in Italia e a Reggio Emilia a incontrare i tanti italiani e reggiani che sono vicini a te e a tutti i condannati a morte?


Certo… lo prometto.


Marina Bortolani

Nelle foto dll’alto: Michael Toney. Il braccio della morte in Texas

24 maggio 2006     Categoria: Iniziative, Un abbraccio ai condannati a morte